colpa del suo comportarsi male
nelle relazioni a chi non gli ha
insegnato a stare con gli altri
(se non vuole
che dica di lui quello che dice degli altri psicologi)
L’iceberg(1) della pretesa
Per usare l’analisi della domanda servono
ben poche conoscenze di psicologia ma
non sono mai abbastanza le conoscenze
dei contesti in cui operano i propri clienti
(1) R. Carli e R. M. Paniccia, Casi clinici, Il mulino, 2005, pag. 136
La provocazione aggressiva del diplomato al professionale
(Pag. 137 di 1) «Molti studenti [ai quali era stato proposto il caso] hanno dichiarato di aver provato emozio-
ni di rabbia nei confronti di V. per la “provocazione” fatta allo psicologo, con cui gli studenti si sono iden-
tificati.
Reazioni, quindi, volte a evocare in V. la stes-
sa risposta di sottomissione che il ragazzo rife-
risce di vivere nei confronti del padre.
[…] Emozioni che implicano la fantasia di poter aggredire il ragazzo, “metterlo a posto” rispetto
al suo provocare, reazioni del tipo “lei non sa chi sono io!” o del tipo “Adesso ti faccio vedere!”
Si può ipotizzare che il ragazzo trovi, nel-
la ripetizione pedissequa della sua relazione
col padre, una soluzione al proprio problema
di identità e di confronto sociale.
Perché
allora non pensare che V. voglia provocare
nello psicologo proprio queste reazioni?
Titolo del caso nel libro: La paura genera violenza
Una sorta di
“cifra” con cui egli può affrontare tutte le
situazioni difficili, che implicano il rischio di
mettere in gioco le proprie risorse e la propria
competenza :
“nessun problema”, se trovo
qualcuno che mi sottomette non dovrò fare
alcuno sforzo per riuscire e al contempo potrò
ribadire il mio ruolo di vittima designata del
padre.
Si può ipotizzare che V. con una parte
di sé non sia per nulla contento di questa
“soluzione” collusiva al problema di darsi
un’identità, di proporre un suo modo di vivere
entro il contesto sociale.»
Liceo
ITI (Istituto Tecnico Industriale)
IPSIA (Istituto Professionale Statale x Industria e Artigianato)
FP (Formazione Professionale)
La guerra contro le pretese persa da prof
e studenti migliori
5 anni passati a disprezzare tutto e tutti
(come disprezza un tossicodipendente
o uno formato nella “scuola” delle periferie di Napoli di Gomorra)
V si sente perseguitato dal successo del padre
perché teme di non riuscire a ripeterne il
successo.
«È quindi l’emozione competitiva,
elaborata nei confronti del padre, che funge
da freno per il suo sviluppo e da motivo per lo
stabilirsi di fantasie persecutorie.» (pag. 142)
Nessuna diversità tra questa clinica e le altre.
ignorare le
pretese dal basso
Clinica bella
quanto inutile
In grado di cambiare
dalle radici la società
Non si sconfigge il Sistema
combattendo i vertici ma
esplicitando la pretesa dal
basso dei sottoposti
Strada 2:
combattere
tutte le pretese
Cosa pretende il diplomato dallo psicologo?
che condanni tutti quelli che ha intorno
Tali pretese non sono espresse affatto e questo succede sem-
pre nella pretesa dal basso,“muta” perché non legittimata da un ruolo di comando.
Ma possiamo e dobbiamo pensarlo perché:
Essendo i dirigenti
e dunque i respon-
sabili, li si costrin-
ge a fare per noi
(diventando.. il
capo dei capi)
li si costrin-
ge a fare per noi
(diventando.. il
capo dei capi)
2) V. non punta al successo e dunque punta al fallimento;
3) il solo
motivo noto per puntare al fallimento è pretendere di darne la colpa agli altri
Il diplomato è venuto dallo psicologo per essere aiutato a pentirsi assumendo
su di se le colpe che finora ha dato agli altri
o è venuto a pretendere che lo
psicologo condanni il padre e tutti gli altri?
Lasciamo che a rispon-
dere sia lui stesso
Irride la compe-
tenza dello psi
La provocazione
è continua nella
pretesa dal basso,
essendo l’unico
strumento che ha
per condizionare
chi ha un ruolo
superiore
Vorrei che mi passasse la paura di mostrarmi
passivo e succube di mio padre
Vorrei imparare a
stare con gli altri
e tutti gli altri adulti,
(Pag. 138) «… di partire da
un vissuto, dal sentimento
di vergogna che V. denun-
cia. Perché vergogna?
Po-
trebbe essere vergogna per
il falso che egli propone.. »
La vergogna è un’emozio-
ne per scelta,
La sofferen-
za per scelta
sta dietro ad
ogni pretesa
Occasione per star
bene non colta
Si fa del male per darne la
colpa a chi sta sopra
una sofferen-
za autoinflitta per poi dar-
ne la colpa al padre in base
al principio che nessuno si
farebbe del male da solo se
potesse evitarlo,
(con la vergogna per scelta)
Diviso tra
passato e futuro
(pag. 139)«… due parti di sé…»
Per far emergere questo conflitto si potrebbe
chiedergli «perché voglia essere maltrattato dallo
psicologo, provocandone la reazione»
1) Lo psicologo lo maltratta
2) Lo psicologo non lo aggredisce
(pag. 138) «La dinamica
collusiva consentiva al
padre rassicurazioni sul
suo potere»
Il padre collude col
figlio che aspetta
lui per risolvere i
suoi problemi di
lavoro per sentirsi il dirigente
anche a casa, passando avanti
alla moglie
A casa il
dirigente è
quello con
la gonna
e…
figlio che si autoassolve (“io sono fatto così”)
=> il padre si è
comportato male colludendo col figlio
(accetta di farsi
comandare dal figlio per co-
mandare sulla moglie)
Davanti alla mancata aggressione dello psico-
logo, il figlio si gode la soddisfazione di aver
colto in fallo il padre ed è un momento propizio
per chiedergli “perché si vergogna” o “perché
voleva essere aggredito dallo
psicologo” potendo ammettere le sue provocazioni dando al padre la colpa
di averle incoraggiate.
Se risponde accettando con questo di riflettere su
quello che ha fatto con lo psicologo, la strada è in discesa.
Aver chiaro che la vergogna è falsa in quanto voluta per pretendere e che il
giovane aggredisce per poi dichiararsi aggredito dalla reazione naturalmen-
te risentita del vero aggredito, lo psicologo qui e il padre a casa,
è un pun-
to di partenza per lo psicologo perché gli serve sia per non rispondere ag-
gressivamente alla provocazione aggressiva che per non rispondere sedutti-
vamente alla provocazione seduttiva che chiede di rattristarsi per la sua ver-
gogna.
Per il giovane invece è un punto di arrivo, mentre il punto di parten-
za è l’accettare di riflettere sulle sue emozioni o sul suo comportamento.
Nel commento si dice il giovane accettò la versione ironica e sdrammatiz-
zante del suo volersi far aggredire proposta dallo psicologo e che si stabilì
una buona alleanza, ma non si dice come andò a finire.
Il pretendere degli
adolescenti spesso cessa quando entrano nella loro vita e quando ciò succe-
de diremo che il pretendere era benigno.
La pretesa di questo ragazzo non
ha l’aria di essere benigna, perché i danni provocati dalla sua scelta di
frequentare il professionale sono gravi e tendenzialmente permanenti.
Un modo per recuperarli tuttavia c’è ed è quello di iscriversi all’università.
e per
giustificare il suo non fare