è una terra del futuro tanto diversa da quella attuale da meritare il nome di Terra2
1990 – ROMANCE X
Nel film ROMANCE X (Catherine Breillat, Francia 1999, vietato ai minori di 18 anni per cui non guardate questo commento se non avete un’età compatibile) Marie è possessiva e arrabbiata col fidanzato Paul che non desidera più fare sesso con lei, ma Paul non può desiderare una possessiva e arrabbiata con lui. Come rompere questo circolo vizioso?
Una giovane truccatrice lavora al volto di quest’uomo, che si gode il contatto coi seni di lei. Una donna seduta a distanza si volta a guardare la scena.
La fotografia viene scattata in un’arena da corrida, con la stessa donna di prima (Marie) che ora guarda dagli spalti.
Fotografo: – Ci siamo? Dunque, guardami Paul, devi sembrare più alto [di lei], devi essere molto teso, molto nervoso. Il torero è in continuo contatto con la morte, è sempre in ansia. Devi essere molto nervoso, molto teso.
Tu Klara tieni lo sguardo un po’ più basso, devi essere un po’ sottomessa. No, così è troppo, però ricordati che è lui l’uomo…
Marie piange e lo guarda.
Paul: – Credi che non dispiaccia anche a me? Che mi faccia piacere vederti così triste? Te l’ho detto, è sempre stato così. Con le altre durava una settimana, poi passavano sei mesi senza fare niente.
Marie: – Davvero?
Paul: – Si. Almeno con te è durato tre mesi. Te lo ricordi? Pensavamo sempre a quello, giorno e notte.
M.: – Si, ma esageri un po’… Mai tutta la notte!
P.: – Smettila. Facevamo l’amore almeno due volte di seguito.
M.: – No, non credo proprio. Veramente. Anzi, credo che questo non sia mai avvenuto.
Paul si alza andando verso la spiaggia e lei lo segue.
Marie: – Comunque io ho il diritto di tradirti e tu invece no. Capisci? Non ne hai il diritto. Non voglio che ti ecciti per un’altra se non ti ecciti per me. Chiaro, no?
Paul: – Mi hai già tradito?
M.: – No. Ma succederà, perché non sarai tu a farmi diventare casta. Io non ti ho ancora tradito, ma avrei già dovuto.
P.: – Che vuol dire? Guardami negli occhi. L’hai già fatto?
M.: – Assolutamente no. Vuol dire che sono una tonta… e che non ti meriti che non l’abbia già fatto.
Poi si allontanano andando verso il mare e continuando a litigare mentre il cielo si annuvola.
Marie: – Sai perché bevi? Così crolli subito sul letto come un pezzo di legno. Tu mi ami solo quando c’è un tavolo di ristorante tra te e me.
Paul: – Da quando ci conosciamo, tutte le sere stiamo insieme. Tutte le sere ceno davanti a te e non mi annoio mai.
Marie (dopo un attimo di silenzio): – Te l’ho detto, tu mi ami solo quando c’è un tavolo di ristorante tra te e me.
Marie (all’uscita dal ristorante con voce arrabbiata): – Trovi normale che io non dorma mai a casa mia? Che tutte le notti traslochi per uno che non mi tocca nemmeno? Da Aigues-Mortes non mi hai più toccato.
Paul: – Abbiamo già parlato di questo.
Marie: – Si ne avevamo già parlato e avevi giurato di fare qualcosa.
Paul: – Aspetta allora!
Marie: – Il miracolo?
Paul (rivoltandosi e alzando la voce): – T’ho detto di aspettare! E se c’è da aspettare 3 mesi, aspetti 3 mesi. C’è di peggio nella vita.
Quando lui sta per entrare in casa lei si ferma e pare voler tornare indietro.
Paul: – Che fai? Te ne vai?
Lei (dopo un po’ ma avviandosi verso di lui): – No.
Paul (andandole incontro, mettendo una braccio sulla spalla di lei ed entrando con lei, con voce dolce): – Non è così grave.
Pensieri di Marie mentre si lava i denti: – Si che è grave.
Pensieri di Marie (mentre va a passi lenti verso il letto): – Una gabbia invisibile scende su di me come una cappa di piombo. Una truffa occulta.
Marie (con voce aspra): – Togliti la maglietta, almeno. Non mi va di dormire con un fagotto di cotone, mi rivolta lo stomaco.
Paul: – No. Spogliati, vieni a letto.
Marie: – Perché non vuoi levartela? Lo sai che non lo sopporto, è come un’arma contro di me.
Paul: – Mi leverò la maglietta, ma le mutande no. Mi tengono caldo alle palle. Non è perché sono con te. E poi chi pensava di passare tutte le notti insieme. Insomma è così e basta. Colpa mia anche questa.
Marie dice che non starebbe mai altrove sapendo che lui è a Parigi.
Paul: – Vedi come sei diffidente?
Marie: – Me ne vado. Se vuoi me ne vado. E non mi rivedrai mai più.
Paul: – Lo vedi come sei? Non si può mai discutere con te. Su, forza. Vieni a letto.
Marie: – Levatela [la maglietta].
P.: – Lo sai che non è un dispetto a te. Io ho sempre dormito così.
M.: – Si, questo è un dispetto. È perché mi detesti.
Paul si leva la maglietta.
Marie va a cercare il sesso di lui.
Paul (fermandola): – No, dai! Ti ho già detto di non forzarmi in questo modo. Guasti tutto e allunghi i tempi.
Marie: – Sei eccitato…
P.: – Attenta o è finita tra noi.
M.: – Ma potresti…
P.: – Non m’interessa però. Lo capisci?
Marie va lo stesso ad accarezzare il sesso di lui e lo prende in bocca, ma lui la ferma.
M.: – Ma per favore, accidenti. Cosa te lo impedisce?
M. (dopo una sfuriata): – Accarezzami, non devi per forza provare piacere ma farmelo provare.
P.: – Se lo facessi ti disprezzerei. Non potrei più amarti
Marie (alle 4 di notte mentre fuori piove e tuona): – Perché sono capace soltanto di amarlo o di odiarlo? Perché non riesco a provare indifferenza per lui? Quanta lucidità. Per me un uomo incapace di amarmi fisicamente è un pozzo di infelicità, un abisso di dolore. Di un uomo che scopa una donna si dice che… l’onora. È un’espressione da tenere in considerazione, perché è proprio così. Paul mi disonora.
Marie si veste per andare a cercare qualcuno.
Non piove più quando Marie va ad un bar con la Mercedes di Paul scoperchiata.
Uno sguardo e un sorriso bastano per far avvicinare quest’uomo al tavolo di lei.
Uomo: – Sono inopportuno?
Marie (sorridendo): – No, opportuno.
U.: – Lei viene a concludere la serata qui?
M.: – No, “salto” ora fuori dal letto. Letteralmente mi sono appena vestita. È che non mi andava di dormire e perciò mi sono alzata…
Io comunque me ne frego dell’ora, del tempo. Non sono mai stanca. Io detesto quelle persone che sono sempre stanche, che parlano sempre di qualche loro malessere. No?
L’uomo tace, senza rispondere.
Marie: – Indubbiamente perché non provano passioni.
Uomo: – Vive sola?
Marie: – No, con un marito.
(Marie: – Gli ho detto che sono sposata. Così sa che non sono libera. È vero, io non sono libera. E lui dovrà prefigurare un adulterio.)
Marie (sdrammatizzando con un sorriso): – Dorme, lui, giustamente. E non è che gli dispiaccia, dormire. Devo dire che domattina ha la sveglia alle 5:00. Ha un impegno di lavoro. E lei non ce l’ha una fidanzata?
Uomo: – È morta in un incidente automobilistico. Sono 4 mesi che non faccio più l’amore.
M.: – Può darsi che giri così per tutti, allora. Mio marito non è male, ma è così anche per lui adesso: non gl’interessa più.
Lei lo guarda e lui lo prende come invito, andando a darle un bacio che lei accetta.
Marie (mentre lui la accarezza sul seno): – I preliminari sono la cosa che mi piace di più. Come è bello! Non ce la faccio mai a non cedere.
Marie (mentre lui la accarezza tra le gambe e poi di nuovo sul seno): – È una cosa che mi sorprende ogni volta. È come se fossi un’altra e mi guardassi mentre mi abbandono. In tutta sincerità morivo dalla voglia che ancora una volta avvenisse il miracolo di fare l’amore con uno sconosciuto. È’ una voglia assolutamente infantile. Una voglia pura.
Sospiri di piacere di entrambi.
Uomo (smettendo di accarezzarla e staccandosi da lei): – Fammi un pompino.
Marie (dicendo molti no con la testa): – No. Almeno per ora. Stasera o domani. Me lo dai il tuo numero di telefono?
Uomo: – Non hai voglia adesso?
M.: – Di un pompino? No, non molta. Ehe! Non è la mia specialità. Non mi piace cominciare con un pompino. Preferisco ricominciare con un pompino, se capisci quello che voglio dire. Ma di andare in un albergo, di questo sì, muoio dalla voglia.
Marie: – Ma bisogna che scappi. Anzi, bisogna che scappi subito.
Uomo: – Non vuoi più andare in albergo?
M.: – Siii. Ma io lavoro! E poi devo assolutamente riportare la macchina, sono costretta. (mentre l’uomo scrive il suo numero su un foglio) Non è mia, capisci?
Uomo (dandogli il foglio): – Ma tu mi chiamerai?
Poi vediamo Marie correre verso la scuola, passando sotto un enorme crocefisso.
Marie: – La settimana passata abbiamo studiato il presente indicativo del verbo essere. Io sono, tu sei … Oggi studieremo “avere”. Avere è un verbo completamente diverso da essere. Si può essere senza avere. E si può avere senza essere.
Marie (con le lacrime agli occhi): – Che cos’è che io mi consento di avere? Di avere completamente.
Paul: – Mi piacerebbe molto se tu fossi incinta.
M.: – Beh, non c’è pericolo.
Paul: – Perché? Potrebbe anche…
Marie (con voce dura): – Certo, per opera dello Spirito Santo. Ma cos’hai in testa? Nemmeno una volta dopo che ho smesso la pillola sarebbe stato possibile. Lo so che odi i dettagli, ma esistono delle regole. Se in più non lo fai quasi mai e sei incapace di fare uno sforzo quando dovresti, non succederà mai. È questo che mi deprime.
Paul: – Se tu m’avverti al momento giusto, io ci sto.
Marie: – Davvero?
P.: – Si.
M.: – Questo cambierebbe tutto. Vedi, se avessimo un figlio almeno un motivo lo avremmo per stare insieme.
P.: – È perché non hai fiducia, ma ti tornerà.
Lei va sul letto tirandosi dietro lui, ma Paul si limita a parlare dicendo che: “Se con me ti manca la fiducia, tutto sprofonda”.
Nel frattempo Marie continua a piangere.
Paul: – L’uomo ha bisogno di fottersi del mondo con gli amici al bar, se no crepa. E poi lo sai che non ti tradisco mai.
Marie: – Può darsi che preferirei dei tradimenti, purché scopassi anche con me. In ogni caso io ho diritto al tradimento e tu invece no.
Paul: – L’hai già fatto, eh? Visto che ne parli sempre.
Marie: – No, ma ti meriti di credere di si.
Paul: – Va bene. Comunque domani sera ceno con Ashley. Tu puoi venire, ma lo sai cosa preferirei.
Marie: – Si, lo so bene
Marie (coi seni ben visibili sotto la maglietta): – Lo so che dovrei lasciarlo un po’ in pace. Ma ho bisogno di stargli sempre appiccicata come una sanguisuga. Ne ho bisogno perché sono innamorata, innamorata pazza.
(Mentre lei guarda Paul ballare con piacere con un’altra molto meno bella di lei) Se, come dice lui, lo lascio respirare, soffoco io. Io non ho mai chiesto di essere libera. E pretendo che nemmeno lui sia libero: è così.
Marie esce dalla discoteca, seguita di corsa da Paul.
Marie: – Comunque non lo farò mai un figlio con un altro.
Uomo (prendendo una scatola di preservativi): – Allora tu vuoi proprio che me lo metta?
M.: – Si. Uomo: – Erano mesi che non scopavo più. Non ho mica l’AIDS.
Marie: – Però hai fatto progressi. Dai l’idea che ti piaccia. Hai perfino un’aria tronfia, sai?
Poi lui parla di preservativi usati che fanno schifo e lei di tamponi usati nascosti sotto al letto perché agli uomini fa schifo di vederli e che poi vanno recuperati, nonostante siano ripugnanti, concludendo con un: “A me non dispiacciono le cose ripugnanti”
Marie: – Ma si, è vero, agli uomini s’ammoscia continuamente. Perché… non hanno più un vero desiderio. È come nei film porno, le donne si riempiono la bocca di quel coso moscio. È per questo che fanno pompini, perché non sanno come eccitarli. Io trovo che un uomo deve fartisi senza dire una parola, oppure non è proprio il caso che cominci con la litania della voglia che va e viene.
Uomo: – A volte è bello un pompino.
M.: – No. Ma quando lui potrebbe ma non vuole, allora devi confessare che puoi benissimo fare questo perché lui finisca per scoparti.
Uomo: – Vuoi che ti inculi?
Marie: – No… è presto adesso. Ho ancora voglia che tu mi scopi. Non mi hai saziato. Sai, il mio uomo non mi scopa mai.
Lui s’impegna molto, mentre il suo respiro si fa pesante e intercalato con “oh” sempre più frequenti, che si portano dietro gli “oh” di lei.
Uomo (tra un oh e l’altro): – Come puoi amare un uomo che non scopa mai?
Marie (interrompendo i suoi oh): – Io non amo chi mi scopa… lo detesto.
Lui intensifica l’attività fisica e i suoi “oh” e lei torna a emettere degli “oh”. P
oi lui emette degli “ah” di piacere e lei pure.
Poi lui si ferma.
Marie (girandosi subito dopo l’orgasmo): – Quelli che mi scopano non voglio nemmeno guardarli.
Seguono pensieri filosofici di lei sull’oscenità che diventa purezza e che porta annullamento.
Uomo (dopo essersi messo a pancia in giù accanto a lei): – A te non piacciono le carezzine sulla schiena?
Marie (anche lei a pancia in giù e giocando coi capelli di lui): – No, non mi piacciono le tenerezze. Nemmeno i baci sulla bocca, non li sopporterei assolutamente. Vedi, mi è indifferente che uno qualunque mi riempia la fica, ma non potrei baciare un uomo che non amo.
Marie: – Ma Paolo l’ho baciato, ne avevo voglia. Mentre baciavo Paolo non pensavo più a Paul. Allora ho deciso di non vederlo mai più, per una questione di onestà.
Marie accarezza il sesso svogliato di Paul, ma quando lei dice “sembra che voglia volar via e poi non vola mai” Paul lo rimette dentro alle mutande.
Paul: – Ti secca che non si arrivi fino in fondo?
Marie: – Quello che mi secca è che non vuoi mai che ti accarezzi. Ce l’ho a morte con te.
Paul: – Ma io mi faccio accarezzare. È soltanto che non arrivo fino in fondo.
Marie (dopo essersi alzata dal letto per allontanarsi): – Bene, sta tranquillo. Non ci godo nemmeno io.
Marie scrive alla lavagna il dettato commettendo errori tali da sconcertare i ragazzi e allarmare i genitori, che devono aver avvertito il preside visto che lo vediamo venire in classe a guardare cosa ha scritto Marie, restando fermo come fosse impietrito
Marie: – Si, lo so che faccio un errore per ogni sillaba. […] Il fatto è che sono dislecs… Sono discle… Sono dislessica. È come per la matematica, il ragionamento è sempre giusto ma non sono capace di imparare la tavola pitagorica.
Marie (guardandosi intorno nel 30 metri quadri del Preside dove però c’è tutto): – È carino qui. […]
Preside – Sono un barbone di lusso, non sono bello però di donne ne ho già avute più di 10.000. Perché poi? Perché bisogna parlare. […]
Marie (dopo molti discorsi di lui che non mi è sembrato utile riportare e dopo essere arretrata fino al muro: – Meglio evitare le parole quando si passa ai fatti, altrimenti si rischia troppo facilmente di dire “giù la patta”. Visto che non è altro che questo: un rapporto volgare, immensamente degradante. Perché gli uomini che ci danno disgusto ci comprendono più di quelli che ci attraggono e che amiamo?
Preside: – Non sapere una cosa elementare e insegnare alle elementari.
Preside: – Ecco vedi? Non ti stupisce che sia la mia mano che palpeggia la fica? Eppure è la mia che lo fa. Però vedi, io non ne ho ancora voglia e tu già ti bagni. Perché non ti stupisci che sia la mia?
Preside: – Le donne belle si compiacciono di farsi sbattere dagli uomini brutti. Però non si dice mai. È così, ci dev’essere uno scambio. E lo scambio non è mai tra l’uomo e la donna, sarebbe troppo semplice. Lo scambio è tra il bello e il brutto. La bellezza si nutre di ignominia, ci sguazza dentro. Io mi ci trovo e ne approfitto.
Preside: – Vuoi che ti domini?
Marie emette uno stentato “uhm”.
Lui la invita con la mano a chiudere gli occhi e la guida per il corridoio tenendola per le spalle fino a questo specchio, dove la invita ad aprire gli occhi.
Preside: – Vuoi che ti imbavagli?
Poi lui la lega con cura, terminando col fissare le due caviglie alle due gambe della sedia.
Poi lui vede che Marie respira affannosamente e le toglie il bavaglio.
Marie (piangendo): – Tutto. Leva tutto. Non lo sopporto più.
Poi, visto che lei continua a piangere, la prende in braccio e la porta sul letto.
Marie singhiozza disperata.
Robert (l’uomo che la sta aiutando a pensar male degli uomini): – Non immaginavo. Dovevi dirmelo che soffrivi. Avevo l’impressione di poter andare molto avanti. Be’, sai, io posso legarti più delicatamente, o possiamo anche fare l’amore in modo normale.
Marie (piangendo): – Sto meglio. Sta tranquillo. Il problema è solo mio. Lo sai? Nessuno mi ha mai legata. Non l’avevo mai fatto.
Robert: – È vero? Non l’avevi mai fatto?
Marie: – Ne ho sempre avuto voglia.
Robert: – Ricominciamo. Stringerò un po’ meno.
Marie (piangendo): No. Va bene, è così che dev’essere fatto.
R.: – Davvero, è stato bello anche per te? Per me è stato piacevole. Molto piacevole. Voglio che tu provi piacere. Se tu piangi mi prende la paura e ho l’impressione di aver fatto qualcosa di male.
M.: – No, ti sbagli. […] Temevo che tu non capissi per via del bavaglio. E non sai la paura.
(Marie: – Quando sono rientrata, Paul non c’era. Basta questo perché il mondo mi crolli il mondo addosso.)
(Marie: – Non c’entra niente quello che ho fatto. Quello che è fatto è fatto. Te lo lasci dietro le spalle. Ho una grande lucidità in testa.)
(Marie: – Nella testa so essere solo lucida. È come se il mio corpo non mi appartenesse, come se fosse un’appendice qualunque. In testa ho Paul)
(Marie: – Lui avrebbe potuto riconciliarmi col mio corpo. Ma non era questo che voleva, perché… proprio perché io non amo il mio corpo… ero una preda facile. E cioè una vittima. In un modo o nell’altro, la donna è la vittima sacrificale dell’uomo. Mi masturbo sempre a gambe strette. È molto raro che allarghi le gambe. Nemmeno a me stessa sono capace di offrirmi: mi violento.)
(Marie: – Provo soddisfazione, ma senza partecipazione. Una soddisfazione nauseante. Come se mi vendicassi pensando che non serve un uomo per arrivare a quel punto.)
(Marie: – Mi faceva soffrire stare nella sua cuccia. “A cuccia” si dice a un cane randagio.)
(Marie, alzandosi e vestendosi per uscire: – Più tempo passava, meno riuscivo a sopportare tutto questo. Dovevo buttarmi via là fuori, sul marciapiede, come un relitto. Nel significato classico… il relitto è di tutti)
(Marie, guardando da fuori Paul seduto a leggere in un bar vicino a casa sua: – … Se io l’avevo tradito, avrebbe potuto tradirmi pure lui. E forse non me ne sarebbe importato. Ma lui non mi tradiva, ed era molto peggio. Lo mandava in estasi stare da solo. Non si dice mai abbastanza che l’amore tra uomo e donna è una guerra dissimulata. Ecco… vinco io se rientro a casa per ultima. Lo so, così gli metterò i piedi in testa.)
Uomo incontrato sulle scale di casa: – 200 franchi per una leccata.
Marie si gira e lo guarda indecisa.
Il mio sogno: – Sapere che per un uomo sei solo una fica da riempire… senza finzioni sentimentali. È solo desiderio brutale.
Farsi sbattere da un uomo. Da uno qualunque, un miserabile, un buono a nulla. E rotolarsi con lui per il piacere di rotolarsi. Il disonore, la disistima. Un godimento da donne.
Uomo: – Troia, girati, su.
Marie: – Mi paghi però.
Uomo (girandola a forza): – Fammi vedere il buco del culo. Forza.
Marie: – Ma ti piaccio?!
Uomo (dandole una spinta che la manda a sbattere con la testa sul pavimento ): – Troia!
Lui si apre i pantaloni, con lei che resta dov’è, poi la penetra con forza con movimenti e respiri di entrambi sempre più concitati e con versi un po’ di dolore e un po’ di piacere.
Uomo (andando via di fretta): – Puttana! Puttana!
Marie (piangendo, girandosi): – Non mi vergogno! Testa di cazzo.
Poi piange con disperazione.
Paul rientra incrociando l’uomo di prima nelle scale.
Marie: – Forse la ninfomania consiste nell’autodistruzione, visto che tu scegli proprio quelli che non ti amano. Io non desidero fare l’amore con gli uomini, desidero farmi aprire, spalancare. Quando è chiaro che il mistero è solo un ammasso di budella, la donna è finita. Direi addirittura che il mio desiderio sarebbe di incontrare Jack Lo Squartatore.
Marie: – E ho avuto anche la fregatura di dover aspettare un’altra ore per rientrare dopo di lui [attesa inutile visto che lui era rientrato quando il violentatore andava via]. Questa non è la prova che le donne sanno amare molto più degli uomini? Che sanno amare molto di più?
Anche lui m’aspetta. Quando rientro per ultima non è così facile. Muore dalla rabbia, il signorino.
Paul: – Sono appena rientrato.
Marie: – Be’, anch’io.
P.: – Lo vedo bene. Proprio adesso sono rientrato.
Marie: – Non ne dubito. Non stai mai due ore davanti alla televisione come un’idiota.
(Marie: – Me ne frego se non ha voglia di scoparmi).
(Marie, dopo che lui ha spento la TV e si è girato dall’altra parte: – Mi sento la fica tutta gonfia e umida. Posso benissimo continuare così fino alla fine dei secoli. Non è così che riuscirà ad annientarmi. Semplicissimo, d’ora in poi quando dice che vuole passare la sera senza di me, ne approfitto. Mi faccio legare. La colpa è sua)
Robert: – Vuoi che ti domini? Vuoi legarmi tu? Oggi puoi fare quello che vuoi.
Marie: – No, non voglio fare niente.
Robert: – Preferisci che ti leghi io?
M.: – Si, ma non per i gomiti. L’altra volta ci ho messo 15 giorni per recuperare del tutto la mano. E il gomito dopo un mese me lo sento ancora un po’ strano.
R.: – Alla tua età non è normale. Hai problemi di circolazione.
Marie aspetta seduta sul gradino che fa da palcoscenico, immobile, con gli occhi chiusi. Mentre Robert cerca nella sua cassa degli attrezzi gli oggetti con cui legarla.
Mentre la lega, Robert racconta di aver scopato con Grace Delly, senza che lei gli dicesse chi era [il riferimento è a Grace Kelly, l’americana divenuta la principessa Grace dopo aver sposato il principe Ranieri di Monaco] se no lui avrebbe avuto difficoltà a comportarsi come il solito.
Robert (dopo aver alzato la gonna col permesso di lei): – Ora ti allargo le gambe, vuoi?
Marie: – Hum.
R.: – Pare che ti piaccio molto, quando ti allargo le gambe.
Lui traffica con le catene, dicendole anche “Ma aiutami!”.
R. (alla fine): – Ah, però. Che bellezza. Come sei carina così. Si, è proprio bello.
Per completare l’opera lui dice “ti metto il bavaglio” e poi le infila in bocca una cosa rivestita da una stoffa nera.
Poi Robert fa un taglio con le forbici nelle mutande di lei e ci infila due dita, trovandola molto bagnata.
(Pensieri di Marie, al ristorante con Robert dopo la seduta: – Provavo un piacere tale che cominciavo ad attaccarmi a Robert, ad attaccarmi a lui senza un vero attaccamento. Questo era il segreto del suo personaggio. Dopo quelle sedute, invece di tormentarmi, ero molto allegra. Facevamo baldoria, ci abbandonavamo a grandi mangiate.)
Tra un altro caviale e un’altra vodka, lei è sorridente e Robert parla tranquillamente di quella volta che non aveva più un soldo e lei gli disse…
Quando lei rientra, trova Paul ad aspettarla sul letto.
Paul: – Sei in gran forma.
Marie: – Tu hai i tuoi amici, io le mie amiche.
P.: – Chissà cosa è uscito da quelle bocche contro di noi.
M.: – Frizzi, lazzi, veleno.
Poi Marie si fa aiutare ad aprire il vestito sulla schiena e lo abbassa, ma senza toglierlo.
Paul (alzando il lenzuolo): – Accarezzami.
Marie (guardando le sue mutande): – Ma non posso finché non ti leve quelle.
P. (levandole in gran fretta): – Ah, se è solo per queste.
(Marie: – Che buffonata l’amore. È solo una questione di potere. L’uomo che ami al punto da restargli fedele, non ti scopa più. Quando la tradisci, ti scopa. Semplicissimo. Non è perché indovina che lo tradisci, si rende conto che gli sfuggi.)
Marie accarezza il sesso di lui, rimproverandolo di essere costretta a toccare qualcosa che non ha mai toccato a nessuno uomo.
Paul: – Perché non mi lasci in pace, allora?
Marie: – Perché tu non fai niente.
Marie (muovendosi su e giù sopra di lui): – Tu… tu fai la mia parte. Tu sei la donna e io il tuo uomo. Io ti scopo.
A questo punto lui ha una reazione violenta e scaraventa lei giù dal letto.
(Marie: – Ci credete? È così che mi ha messo incinta quel maiale egoista. Senza il minimo godimento, nemmeno da parte sua. Mi ha fatto il blitz della Vergine Maria: solo una goccia di sperma. )
Dottore (allargandole le gambe): – Lasci pure andare le gambe. Si rilassi, così.
Dott: (con la palpazione ancora in corso): – Bene, il collo è chiuso. L’utero è… Sono 8 settimane.
Poi il primo medico se ne va, dicendo ad un collega uomo: – Su, a te ora.
(Marie, mentre si appresta a palparla una dottoressa: – Così sono diventata oggetto di studio per giovani praticanti asettici. Roba da bassa macelleria. È atroce, se sei incinta diventa insignificante allargare le gambe e farsi sbirciare nella vagina fino ai precordi.) [ovvero fino ad arrivare vicino al cuore, da pre ‘avanti’ e cordia pl. di cuore].
Marie: – Poi, con una certa amarezza, ci ho preso gusto. Perché in fin dei conti, dopo aver pattuito con Robert una tregua per tutta la gravidanza, nessuno mi toccava più. Avevo rapporti sessuali solo in occasione delle mie visite mensili.
Marie (mentre un medico le apre le gambe): – Non ho mai saputo sistemarmi normalmente, sul lettino ginecologico. Non allargo le gambe. …
… Perché io sono molto più frigida delle altre.
Dopo il “bene” dell’ultimo dottore, Marie si alza per andare a rivestirsi, seguita dallo sguardo del dottore.
(Marie, guardando allo specchio quello che ha tra le gambe: – Paul ha ragione. Non può piacere questo viso se ha questa fica.)
(Marie, specchiandosi: – Questa fica non può appartenere a questo viso.)
(Marie: – Immagino molto spesso una casa d’appuntamenti in cui la testa sia separata dal corpo. Con un marchingegno a mo’ di ghigliottina prima che cada la mannaia. Naturalmente la mannaia non c’è. Io ho una gonna di seta rossa molto gonfia, che scricchiola al tatto. E tutti quegli accessori ridicoli che eccitano gli uomini. Questa è la prova che quelli che si eccitano così non ci amano. …
… Paul in fondo ha ragione, con la donna vale il diritto di rescissione. Perché la donna che ti fa eccitare hai voglia di scoparla… e aver voglia di scopare una donna vuol dire disprezzarla. L’amore tra uomini e donne è impossibile.
(Marie: – Io non so perché gli uomini che non vediamo li immaginiamo sempre rozzi e scimmieschi.)
Uomo con gli occhiali: – Tocca a me!.
Secondo uomo: – Guarda che cazzo.
(M.: – Come se rozzezza o anche peggio fosse la cosa migliore da augurarsi.)
Marie e Paul guardano con interesse lo schermo durante l’ecografia e lei sorride quando il medico dice che è un maschio
Marie dice un “si” molto dolce e accostandosi col corpo a quello di lui.
Paul va sopra a lei
(Marie: – Quella sera Paul, dopo secoli, ha fatto l’amore con me per la prima volta. E per l’ultima volta.)
(Marie: – Dopo si è limitato a trascinarmi dietro come avesse una palla al piede. Che si sopporta solo per dovere. Ho cominciato a voler uscire tutte le sere. Con sua sorella e suo cognato. Ora che ero la madre di suo figlio mi aveva presentato alla famiglia.
Paul (mettendo una mano sulla pancia di Marie): – Come va?
Paul balla con un’altra e Marie non deve avere una faccia molto contenta, visto che lui le dice: “spero che non mi farai una scenata”
Per il resto della serata lui non si azzarda più ad andare a ballare e resta con lei, che però guarda altrove non apprezzando una vicinanza che serve solo a evitare scenate.
In auto lui dice che deve dirglielo a sua sorella che: “A un uomo non può piacergli di essere seguito dappertutto. Deve avere l’idea di perderla, allora sarà lui a seguirla sempre. Se no, va a cavalcare in giro. Perché un uomo sa sempre dove cavalcare. Che ne pensi tu?”
Marie: – Non mi interessa questa storia di cavalcate.
(Marie: – Maiale! Mi lascia sola con questa paura da cani. Fra poco mi dilaterò tutta e butterò fuori un bambino da questo corpo.)
Marie: – Svegliati, Paul! (Poi scuotendolo, senza risultato) Svegliati! (Piangendo) ne ho abbastanza delle tue sbornie. Brutto porco! Sacco di merda!
Marie apre tutti i fornelli del gas, poi guarda il gatto e risponde al citofono: – Scendo
Robert: – Che succede?
Marie (con voce allegra): – Ti piacerà, vedrai.
Dottore: – Il marito non resta, vero?
Marie: – Si, si, resta! Mi fate l’epidurale?
Ostetrica: – No, non c’è più tempo. Il bambino sta per nascere.
Robert (tenendole la mano e accarazzandola sulla testa) : – Va tutto bene.
Marie stringe i denti per sopportare il dolore.
La testa si affaccia all’uscita.
I medici la incoraggiano.
(Marie: – Dicono che una donna non sia una donna prima di essere madre. E credo che sia vero. Tutto quello che è accaduto prima non ha più nessuna importanza)
Un carro funebre d’altri tempi trainato da cavalli avanza lentamente su un terreno desolato.
Un donna cammina accanto a piedi nudi.
Quattro uomini vestiti di nero scaricano una bara, sotto gli occhi di Marie col figlio in braccio.
La bara viene messa dentro ad un semplice buco nel terreno, mentre il bambino piange in braccio a Marie, che per calmarlo lo bacia sulla fronte.
Segue una schermata nera, durante la quale Marie parla (con voce sorridente e soddisfatta): – Ho dato a mio figlio il nome di suo padre. Se lassù c’è qualcuno che conta le anime, i conti sono pari.